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Italiani brava gente, altrimenti come farebbero a sopportare una simile classe politica?

Al centro degli interessi non è infatti il Paese (in primis il lavoro), ma le poltrone e le ideologie


17/02/2020

di Mauro Castelli

Siamo messi davvero male. Non bastassero gli attacchi all’arma bianca fra Governo e opposizione, impegnati soltanto in insulti e invettive, provocazioni e aggressioni verbali che poco hanno a che vedere con la correttezza istituzionale e politica, adesso va di moda anche il fuoco amico: quello fra Matteo Renzi (logorroico leader di Italia Viva) e Giuseppe Conte (il presidente del Consiglio che da qualche tempo a questa parte ha imboccato la strada dell’arroganza per attaccare chi non la pensa come lui). 
Una cosa è certa: anziché darsi da fare per il bene del Paese e cercare di creare posti di lavoro - facendo partire le grandi opere, abbassando le tasse, prendendo a picconate la burocrazia, riformando il catasto, dando regole chiare a una Agenzia delle entrate che fa acqua da tutte le parti e combattendo, ci mancherebbe, l’evasione fiscale - da più di un mese ci si limita a ricamare sul nulla. In primis la prescrizione dei reati. 
Come se la gente normale (quella onesta per intenderci, che incomincia ad averne davvero piene le scatole) possa essere soddisfatta che i tempi dei processi vengano allungati all’infinito. Con il poveraccio di turno ingabbiato fra le maglie della giustizia, magari per una accusa farlocca, addirittura per decenni. E come se l’attuale iter giudiziario non fosse già al collasso. 
Ma nessuno si è mai chiesto quanto costano gli avvocati? Parcelle che spesso finiscono per rovinare la vita a tanti cittadini innocenti. Fermo restando, come diceva - repetita iuvant - il pur criticato Giovanni Giolitti (a più riprese capo del Governo e ministro fra il 1892 e il 1921), che la giustizia per gli amici si interpreta mentre per i nemici si applica.   
La prescrizione, si diceva. Che ha portato a far traballare il Governo, con Renzi - lo spavaldo portavoce delle chiacchiere, quelle stesse che non sempre gli hanno portato bene - a far pesare il suo ruolo di ago della bilancia (senza i suoi voti al Senato l’attuale maggioranza giallorossa rischierebbe di brutto) - a mettere sulla graticola il ministro della Giustizia, Bonafede. Trovando peraltro un muro in Giuseppe Conte (fra i due evidentemente non corre buon sangue), capace soltanto in questi ultimi tempi di alzare la voce. Dimenticandosi, ma era soltanto ieri, di quando chiedeva a Di Maio di poter dire una cosa e gli veniva imposto di stare zitto. Purtroppo, si sa, la notorietà e il potere spesso finiscono per dare alla testa. 
Insomma, due posizioni difficili da conciliare: una, quella del premier, volta a non mollare un cadreghino che gli è piovuto dal cielo, e l’altra, quella di Renzi, conscio di ciò che potrebbe comportare il suo ritorno sotto le luci della ribalta dopo un periodo di evidente appannamento. Una scelta che potrebbe peraltro incidere sul raggiungimento del quorum nel caso di un ritorno anticipato alle urne. Ben sapendo che, in questo modo, sta fornendo più di un assist all’opposizione, in primis a Matteo Salvini. 
Il quale Salvini, negli ultimi tempi, non ne ha azzeccata una per la sua voglia di strafare. Giocandosi molto, se non tutto, con la richiesta (accolta dal Senato) di essere messo sotto processo per il caso del pattugliatore della Guardia costiera Gregoretti. Con la Lega a disertare l’aula e il premier Conte a far finta di non sapere nulla (e se c’era evidentemente dormiva). Caso emblematico - se mai fosse necessario sottolinearlo - di un uso politico della giustizia. 
Come andrà a finire è difficile prevederlo. Ma con tutte le toghe rosse in circolazione - nonostante l’operato dell’ex ministro degli Interni sia sotto gli occhi di tutti, quindi anche ai suoi vecchi compagni di cordata che ora fanno gli gnorri -  la sua carriera politica potrebbe subire uno sgambetto, se non addirittura arrivare al capolinea.

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