Cecità strutturale nell'acuta critica sociale dei tempi nuovi
Nonostante la logica dei fatti tenti continuamente di aprirci gli occhi
19/07/2016
di Andrea di Furia
Il cecchino di Dallas e i fatti di Dacca hanno sparigliato. Adesso in molti la convinzione che tutto dipenda dall’economia, persino il terrorismo – convinzione che dimostra quanto il liberismo sedicèntesi anticomunista di fine ‘900 sia viceversa l’erede naturale diretto del marxismo di fine ‘800 – comincia a fare acqua da tutte le parti
Anche qui vale la pena rilevare la differenza tra un pensare sociale tridimensionale strutturalmente concreto – che i tempi nuovi che viviamo, purtroppo inascoltati, stanno richiedendo a gran voce – e un pensare sociale monodimensionale strutturalmente astratto [che mischia persino la terminologia di una dimensione sociale riferendola a un’altra... secondo l’inosservata legge dell’Unitarietà delle tre dimensioni sociali].
Partiamo dal pensare tridimensionale, che oltre ai contenuti guarda anche alla strutturazione concreta del sociale: come vede il fenomeno del terrorismo?
Lo caratterizza da un triplice punto di vista dimensionale:
1) dimensione culturale: il terrorismo è un fenomeno religioso, nasce da un esasperato fondamentalismo religioso (fatti di Dacca)
2) dimensione politica: il terrorismo è un fenomeno ideologico, nasce da un esasperato integralismo giuridico (fatti di Dallas)
3) dimensione economica: il terrorismo è un fenomeno economico, nasce da un’esasperata diseguaglianza distributiva della ricchezza (fatti anticapitalistici)
Dal punto di vista tridimensionale (a 3D) nel sociale moderno va dunque curata l’esasperazione, la centralità, l’unilateralità prevaricante del punto di vista di una dimensione sociale sulle altre due.
Come? Attraverso una strutturazione tridimensionale del sociale, in modo che ad ogni squilibrante spinta unilaterale della dimensione economica, ad esempio, corrisponda la controspinta riequilibratrice di politica e cultura: in un processo di fine sintonizzazione davvero gestito, non subìto come ora, dall’uomo.
La condizione “strutturale” a 3D equilibrate e sane - che non si fermi dunque solo ai “contenuti” sociali, come vedremo fa il pensiero monodimensionale sociale, ma che consideri anche i “contenitori” sociali - è che non ci sia una dimensione “centrale” privilegiata a priori rispetto alle altre due, come avviene ora, ma che (così come sono diversi tra loro, vedi sotto, i tre “veri” Soggetti dimensionali) le 3D sociali risultino sinergiche tra loro "a posteriori", in quanto risultanti a priori autonome e discrezionali nelle loro diversissime e qualitative funzionalità:
- la dimensione culturale che deve sviluppare talenti e qualità della Persona;
- la dimensione politica che deve garantire diritti e doveri nella Comunità;
- la dimensione economica che deve soddisfare i bisogni del Territorio.
Adesso invece affrontiamo il tema terrorismo dal punto di vista monodimensionale (a 1D) attraverso un breve commento all’analisi di Giovanni Belardinelli, su la Repubblica del 9 luglio 2016, che riconosce fin dal titolo come “Una lettura solo economica del terrorismo è sbagliata. La religione resta centrale”.
Dopo aver fatto notare che i terroristi di Dacca erano figli di classi agiate - come il terrorista miliardario Bin Laden armato e addestrato dagli USA per contrastare l’URSS in Afghanistan - e che quindi “non è, o è solo in parte e neppure quella principale, il disagio sociale [la diseguaglianza economica, per essere precisi] ad armare la mano del terrorismo jihadista”, osserva:
Belardinelli: «Ma è come se fossimo rimasti tutti discepoli di Marx e della sua idea che ideologie e religioni (dunque anche il fondamentalismo islamista) appartengano al mondo della “sovrastruttura”, laddove invece le cause vere dei fenomeni sociali e della storia in generale andrebbero ricercate altrove, a livello della “struttura”, cioè dei rapporti sociali di produzione e, in sostanza, dell’economia. Un’idea particolarmente in sintonia del resto con i caratteri più profondi della cultura occidentale, che pone appunto l’economia al vertice di tutto, che da tempo ne ha fatto la dimensione centrale dell’esistenza».
E qui, centrando in pieno un quadro più generale che ci riguarda tutti, il corsivista di La Repubblica approfitta per esprimere anche un pungente commento... a cui va tolto il tono dubitativo.
Belardinelli: «...non si regge soprattutto sull’economia, e da ciò forse la sua fragilità, l’intero assetto dell’Europa? Per di più la centralità dell’economia si è accompagnata soprattutto in Europa a un processo impetuoso di secolarizzazione che ha reso un luogo comune l’idea che la religione sia il regno dell’illusione e della mera apparenza quando non della superstizione: qualcosa che i “lumi” della modernità presto cancelleranno definitivamente, sicché non è da ricercare lì, nei riferimenti religiosi, alcuna vera motivazione dell’agire umano, neppure dell’agire di un terrorismo che proclama la guerra santa contro i “crociati” e risparmia chi si dimostra in grado di recitare i versetti del Corano».
E questo è davvero strano per lui: se, come scrive, rammentiamo le guerre di religione tra Cattolici e Protestanti in Europa tra il 1500 e il 1600 e, alcuni secoli prima, la crociata dei Cattolici contro i Cristiani Albigesi ritenuti eretici.
Belardinelli: «...c’è qualcosa di singolare nel fatto che ora quella stessa Europa non riesca a considerare seriamente la componente evidentemente religiosa del terrorismo islamico».
Bene, a questo punto possiamo chiarirci “l’astrazione strutturale” del modo di pensare unilateralmente il sociale: che è acuto fin che si vuole, ma questo nei nuovi tempi di oggi non basta più.
Abbiamo visto la sua corretta critica al modo di pensare attuale sul terrorismo: che per tutti gli altri, inspiegabilmente, religioso non è mentre per Belardinelli è evidentemente religioso.
Ora, trovato il bandolo, quale soluzione sociale concreta ci propone? Nessuna!
Non solo. Come ogni analfabeta sociale di ritorno moderno che si rispetti coglie molti elementi della verità sociale, è capace di criticare acutamente dall’alto del suo posizionamento culturale il sistema sociale attuale, di arrivare persino a dire in forma dubitativa l’amarissima e sottaciuta verità– come in questo caso specifico – che la centralità strutturale della dimensione economica è sopravvalutata e che forse [ma il forse va assolutamente tolto] è proprio lei la causa della fragilità dell’Europa attuale.
Tuttavia, poi, il pensare monodimensionale (a 1D) perde di vista il quadro generale e mescola le cose: riprendendo il controllo del pensatore lo porta inavvertitamente a concludere col caratterizzare il discorso religioso (il fondamentalismo religioso come centralità del terrorismo islamista) con la terminologia... dell’ideologia politica.
Belardinelli: «Fatto sta che è attraverso il riferimento alla religione islamica che oggi i giovani jihadisti ritengono di dare una risposta al “risentimento dei Musulmani di fronte all’arrogante e imperialistica civiltà occidentale”, come ha scritto di recente Luciano Pellicani (L’Occidente e i suoi nemici, Rubettino). Il fondamentalismo islamico si presenta così come l’ultima, e in un certo senso al momento l’unica, ideologia radicalmente anticapitalista e antioccidentale».
Come volevasi dimostrare.
(riproduzione riservata)