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Il neoliberismo è una malattia economica autoimmune


05/01/2025

di Andrea di Furia

Cosa vuol dire avere una malattia autoimmune? Significa che il proprio organismo produce anticorpi diretti contro strutture appartenenti al corpo stesso. Si comporta così anche il neoliberismo, la ‘religione’ economica il cui vuoto slogan è ‘crescita continua’. E appunto la ‘crescita continua’ produce 'anticorpi economici' contro le stesse strutture della dimensione Economia.

Possiamo capire meglio quanto succede, se traduciamo neoliberismo con il mangiare (o il bere) smodati: come ‘cràpula continua’.

Immaginate di andare a tavola e di cominciare a mangiare 10, 20, 100, 1.000, 1 milione, 1 miliardo di piatti di spaghetti… forse vi fermereste già senza nemmeno arrivare al decimo piatto, perché il vostro stomaco ha una misura limitata e dopo un determinato piatto tutto ciò che segue da ingurgitare sarebbe un’efferata autotortura.

La stessa cosa avviene nell’Economia: certamente lo stomaco di questa dimensione sociale è enormemente più grande del nostro stomaco, ma a un certo punto si satura anch’esso.

Perché noi possiamo mangiare ancora dopo esserci rimpinzati fino a scoppiare? Perché subentrano azioni distruttive della sostanza che noi mangiamo: la digeriamo. Questo vuota lo stomaco e così il processo della nutrizione può riprendere.

Nella dimensione Economia, però, a causa della menzognera dottrina idolatrica del ‘neoliberismo’ - che ha da tempo colonizzato il Pianeta - i processi digestivi della ‘crescita continua’ vengono paralizzati e si iniziano a formare anticorpi logicamente consequenziali: come afferma anche il Wall Street Journal, trattando del business della Moda, crescono anche i prezzi e diventano inaccessibili… mettendo così in crisi vendite e produzione.

Anticorpi diversi attaccano le stesse strutture economiche: Banche e Imprese a quotidiano rischio di fallimento, Borse valori e Mercati energetici in emergenza continua, Lavoratori e Consumatori ridotti al lumicino.

E’ interessante osservare come ciò avvenga proprio quando il Mercato ha sostituito lo Stato come unico cassonetto dell’indifferenziata tridimensionale (economica, politica, culturale). Proprio quando il Mercato è diventato l’istituzione guida a livello mondiale ecco che rischia ogni momento di ‘saltare in aria’… e noi con lui.

Ai lettori di questa rubrica spero sia diventato chiaro che al Mercato parassitario c’è una soluzione: occorre passare alla raccolta differenziata: del sociale economico nel cassonetto Mercato, ma anche del sociale politico nel cassonetto Stato (che non dev’essere sostituito dal Mercato) e pure del sociale culturale nel cassonetto Scuola (che non dev’essere sostituita dal Mercato, né dallo Stato).

TRE cassonetti, uno per ogni 'rifiuto sociale dimensionale', ci servono. Non uno solo!

Se infatti permane il solo cassonetto Mercato per la sola raccolta indifferenziata del sociale tridimensionale, allora possiamo osservare come il neoliberismo - che, mentendo sapendo di mentire, afferma la necessità della ‘crescita continua’ - in realtà, nei fatti, finisce per uccidere l'Economia: qualsiasi sia la sua contingente forma: ad esempio, il business della moda.

Nel 2024, dalla prosperità del decennio precedente e dai fasti della ripresa post-pandemica si è passati a un clima di instabilità e diffidenza: il cosiddetto ‘consumer sentiment’ è sceso in cantina e la filiera produttiva è in crisi.

Una moda ipersatura ha iniziato a vendere molto molto meno e per moltissimi all’interno del sistema, specialmente nella stampa di moda, il perno di questo problema sono proprio i prezzi sempre più inaccessibili. Crisi dettata anche dalla saturazione dei mercati di sbocco come Cina, Russia e Corea del Sud e dalla geopolitica bellica mondiale in fase esplosiva: una vera tempesta perfetta.

Inoltre, oggi il prezzo viene calcolato sui costi, mentre dovrebbe basarsi sul consumo. Fenomeno malsano che ha radici storiche, dato che il prezzo attuale è frutto di politiche di anni di aumenti, non il risultato di un indirizzo strategico di adesso.

Ma è un gioco al massacro, dato che se i normali brand di moda cominciano a fare una borsa da quattromila euro, quella dei brand del lusso deve costare ottomila: così l’eccesso di finanza e la ipercrescita commerciale hanno fatto perdere ai dirigenti il contatto con la realtà, e ciò è frutto del malsano mito neoliberistico della crescita infinita: mito che porta alla distruzione dei brand, perché la crescita… non può essere infinita in un’economia ‘chiusa’ come quella planetaria: dato che non si commercia ancora, come sogna il buon Elon, con la Luna o con Marte.

Non resta che diversificare, se non per crescere almeno per mantenere i fatturati. Ad esempio, occorre occuparsi di cose diverse dal core business come il canale degli hotel, per conquistare nuove fette di mercato e consolidare la propria immagine. Così le case di moda ora diventano produttrici di lifestyle: accessori, arredamento, fragranze, non più solo abbigliamento.

Inoltre l’aumento dei prezzi ha impattato il mondo del retail, dei negozi, in modo tremendo, dato che sia i punti vendita diretti sia gli indiretti (tra canale fisico e digitale) hanno il 75% delle transazioni a sconto; e chi non fa sconti offre carte fedeltà e gift di vario tipo.

E l’invenduto? Non scompare nel nulla, e all’aumento dei prezzi si accoppiano l'aumentata vendita negli outlet o sulle piattaforme (questa sì che cresce, assieme alle vendite a rate).

Sicché gli esperti cominciano a domandarsi: “Di stagione in stagione, di trimestre in trimestre, per risollevarsi nel 2025 cosa saprà ancora sacrificare l’industria della moda, prima di sacrificare se stessa?”.

Intanto, i nostri migliori auguri a tutti.

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