Italiani, è giunta l'ora di svegliarsi
Bruxelles ha fatto fallire le nostre banche inventandosi una regola che non esiste. E i nostri politici hanno accettato il "raggiro"
25/03/2019
di Mario Pinzi
Una regola europea che non esiste ha fatto fallire alcune delle nostre banche, e questo scherzo ci è costato tra i 70 e gli 80 miliardi di euro.
La cosa più grave è che hanno rubato i soldi ai risparmiatori e condizionato i prestiti al nostro Made in Italy avvantaggiando la Germania.
Un motto afferma: “Chi di furto ferisce di furto perisce”. Questa è una frase che indica una verità confermata dal tempo, ma in questo caso statene pure certi che verrà sconfessata.
Insomma, la danese Margrethe Vestager ha commesso un errore voluto, ma questo, cari lettori, è un problema secondario.
Una interpretazione errata delle norme europee che i furbetti di Bruxelles ci hanno imposto hanno fatto fallire 11 Banche italiane e ve le elenco: “Popolare Etruria, Banca Tercas, Popolare di Bari, Cariferrara, Banca Marche, Carichieti, Veneto Banca, Popolare Vicenza, Mps e Carige”, a denunciare la furbata con quattro anni di ritardo è stata una sentenza del Tribunale della Ue, dove ha confermato che il Fondo interbancario per la tutela dei depositi non era un finanziamento statale ma privato, e sarebbe stato legittimo utilizzarlo per salvare i risparmiatori e gli istituti bancari.
Il panico scatenato da questi fallimenti ha mandato in tilt tutto il nostro sistema bancario costringendo lo Stato a elargire montagne di soldi pubblici.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, dov’era quando ci stavano derubando?
Cari lettori la beffa non è finita: a fronte di questa truffa, Bruxelles ci chiede una manovra correttiva sul nostro bilancio affermando che le nostre Banche sono le peggiori dell’Unione europea, e dimentica i derivati tossici che la Deutsche Bank possiede.
A fronte di queste amnesie, è meglio cambiare argomento e parlare di un Continente che è molto più pericolosa di quello europeo.
L’Italia ha firmato un accordo economico con Pechino, e ricordando le profezie del passato dove si affermava che i cavalli dei musi gialli si sarebbero abbeverati nella fontana di Trevi, credo sia logico dare un saggio avvertimento: “Attenti al Dragone”.
Il collega Paolo Tommasi di Libero conferma che i “Panda Bond” emessi in valuta cinese possono colonizzarci, e conferma che il gigante asiatico questo metodo lo ha già utilizzato in Africa finanziando grandi opere pubbliche.
Cari lettori, la Repubblica popolare cinese vale circa il 15% del Pil mondiale e rappresenta il 30% della crescita globale.
Nel 2018 l’ex celeste impero è cresciuto del 6,6% e la sua economia vale 14 miliardi di dollari.
Di questo passo Pechino supererà gli Stati Uniti, ma secondo alcuni analisti il vero problema sarà la qualità della crescita che rappresenta il tenore di vita dei cittadini, e su questo fronte l’America rimarrà ancora per molto tempo la numero uno, e le sue parole non possono essere dimenticate.
La Brookings Institution, ha pubblicato una ricerca dove afferma che il Pil del Dragone è stato sovrastimato del 12% che equivale a 1.200 miliardi di ricchezza inesistente.
Le economie mondiali, con il proprio export, sono troppo esposte verso il Continente cinese, e questo è un rischio che dovrebbe essere corretto.
Molti economisti hanno lanciato un grido d’allarme, e a questo punto credo che sia opportuno elencare le percentuali dell’export del mondo produttivo per comprendere il rischio esistente: Usa 10%, Germania 7%, Italia 3%, Giappone 23%, Sud Corea 29%, Australia 37%, Brasile 25%.
Attualmente un quinto della spesa turistica mondiale proviene dalla Cina, e questa tendenza dovrebbe essere modificata rendendo più ricchi i cittadini degli altri continenti.
Con la Via della Seta, Pechino pensa di dirottare verso l’Europa una bella fetta dell’eccesso di capacità produttiva che ha in parecchi settori merceologici, e questo suo problema dovrebbe farci riflettere.
E’ ovvio che gli accordi commerciali portano soldi, ma per non essere fregati occorre comprendere le vere intenzione di chi ce li offre.
Vi faccio un esempio abbastanza significativo: il porto greco del Pireo è passato in mani cinesi per un tozzo di pane, e l’asse franco-tedesco che continua ad avere la pretesa di guidare l’Europa, invece di proteggere gli interessi dell’Unione si è preoccupato di difendere i soldi delle proprie banche invischiate nella crisi greca.
Oggi il Dragone ha il totale controllo dello scalo, e ogni anno muove circa 30 milioni di passeggeri dove Atene non incassa neanche un centesimo.
Anche i bambini sanno che la leva economica rende schiavo chi ne ha bisogno e, per non fare la fine dell’Africa, l’Italia invece di accettare i “Panda Bond” cinesi, dovrebbe tornare in possesso della stampa della moneta per essere nelle condizioni di dialogare ad armi pari con la dittatura degli occhi a mandorla.
L’Europa ci ha fortemente indeboliti, e se non la mandiamo in quel paese, col tempo, sono certo che la Cina ci comprerà come ha fatto con il Continente africano.
Cari lettori, l’unica cosa che dobbiamo augurarci è che l’accordo firmato con Xi Jinping non ci abbia fatto entrare nell’anticamera della morte…
(riproduzione riservata)