L’Alienazione del pensiero sociale e il “pornografico” pisello del capolavoro di Michelangelo
02/04/2023
di Andrea di Furia
Con il pensiero siamo in grado di indagare tutte le cose: dall’astronomia all’alimentazione, dagli oggetti della Scienza al sistema socioeconomico. In quest’ultimo caso, col pensiero notiamo che il sistema asserve l’uomo, opprimendolo sempre più.
Conseguentemente, sempre col pensiero scopriamo dei fenomeni (povertà, disoccupazione, distruzione ambientale) e continuando con lo stesso strumento siamo in grado di indicare gli uomini che alla fine della filiera sistema-uomo originano o aggravano il problema (es: crisi energetica – Joe Biden; crisi bellica in Ucraina – Putin; crisi sanitaria – Bill Gates).
In tutto questo processo - replicato da chiunque e per qualsiasi problematica sociale esista nelle tre dimensioni (Economia, Politica, Cultura) - ci dimentichiamo del “convitato di pietra”: il pensiero che usiamo quotidianamente ma dandolo per scontato, con un automatismo inconscio che lo colora di emotività e di istinti… non coscienti.
Senza la minima disciplina questo pensiero diviene automatico: vale a dire preda di automatismi inconsci che originano dai vari dogmatismi culturali (scientifici, artistici, religiosi), dalle varie ideologie politiche (di destra, di sinistra, di centro), dai vari opportunismi economici (monopòli, speculazioni, distruzioni ambientali).
Che livello ha questo pensiero applicato al sociale? Direi con Zigmunt Bauman, il grande sociologo da poco scomparso, che è al suo neonato “primo gradino”: capace sì di “rappresentarsi” esaustivamente la realtà sociale, ma non di incidere su di essa.
Detto in termini osservabili da tutti: pensiero capace di “rappresentare” soluzioni astratte ai problemi sociali, che tuttavia divengono “non soluzioni” sul piano della realtà concreta: pensiamo al milione di posti di lavoro di Silvio Berlusconi e confrontiamoci con la precarietà dei posti di lavoro attuali.
E, per completezza, osserviamo il risultato delle “rappresentazioni” del pensiero sul tema dei successivi premier (i vari Prodi, Monti, Renzi, Conte, Draghi) i quali, per altrettanta mancanza di incisività, come risultato hanno portato ad aggravare la precarietà: non solo del lavoro, ma ora anche del sociale economico, politico e culturale a causa delle continue “non soluzioni” prospettate e attuate.
E come la neonata “rappresentazione” del pensiero tecnoscientifico scambia (in ChatGPT) la “furbizia artificiale” con l’illusoria intelligenza artificiale [a Scuola chi copia non è ritenuto intelligente, ma furbo], così la neonata “rappresentazione” del pensiero sociologico (ciò che tutti noi pensiamo del sociale tridimensionale) scambia la causalità primaria della “struttura del sistema sociale” con la causalità secondaria della “sostanza sociale”: finendo per cogliere solo il sintomo apparente, ma non la reale causa nascosta.
Arrivando così a soluzioni assurde: come fare la guerra per ottenere la pace o più banalmente come licenziare una preside in Florida per aver mostrato in classe l’immagine del David di Donatello.
Prima di tornare alla “rappresentazione", rammentiamo che per STRUTTURA del sistema intendiamo “la relazione” delle tre dimensioni tra loro [relazione UNIdimensionale parassitaria, BIdimensionale conflittuale, TRIdimensionale sinergica], mentre per SOSTANZA del sistema intendiamo le tre dimensioni [Economia, Politica, Cultura] con tutto ciò che le riguarda.
Il primo pensatore che ci chiarisce cos’è la “rappresentazione” è il filosofo tedesco Hegel, che sostanzialmente la traduce come “alienazione del pensiero”. Per Hegel tale alienazione del pensiero si realizza nel momento del “rappresentare”, rispetto al “percepire”: ossia, il momento in cui il pensiero “si aliena a se stesso”, si estrania a se stesso per aderire alla percezione (aderire del pensiero che per Marx, discepolo di Heghel, divenne mera sovrastruttura del reale mondo socioeconomico percepito).
Cosicché non essendo più cosciente il pensare in sé nella “rappresentazione”... la coscienza si adagia sull’oggetto percepito dal pensare. Proprio dall’alienazione del pensiero nasce la “rappresentazione” della realtà oggettiva indagata (ad esempio il problema lavoro).
E si crea, come per la droga, la dipendenza del pensiero sociale dalla “percezione” dei singoli problemi sociali: ogni problema suscita il suo pensiero, causando la babele delle lingue e determinando quel sistema socioeconomico oppressivo che ormai tutti sentiamo asservire sempre più l’uomo.
Così sono i problemi sociali a determinare il pensiero sociale: ossia la SOSTANZA sociale dei problemi (economica, politica, culturale) e non viceversa. Vale a dire che non è più il pensiero che incide sulla realtà sociale (come osserva Bauman), ma è la realtà sociale che “condiziona” il pensiero. A riprova, vediamo questo condizionamento dilagare su media e social.
Viceversa, se fosse il pensiero cosciente di sé a identificarsi liberamente con la realtà percepita nel sistema sociale, in primo luogo emergerebbe il tema concreto originario della relazione intradimensionale (la STRUTTURA del sistema sociale: UNIdimensionle parassitaria, BIdimensionale conflittuale, TRIdimensionale sinergica) come causa prima dei vari problemi sociali… e con possibilità immediata di incidere su di essa.
Ora, da un’osservazione cosciente il momento percettivo del pensiero avrebbe dovuto essere concepito come “alienazione provvisoria”: provvisorietà mediante la quale il pensiero potesse “ritornare a identificarsi con se stesso”, recando con ciò la coscienza della propria identità con la percezione.
Coscienza dell’identità originaria tra pensiero e percezione... che è mancata all’indagine filosofica e scientifica moderna, a cominciare da Marx il cui pensiero, arrestatosi al momento dell’alienazione, fa sorgere come dominio trascendente il mondo dell’oggettività.
Se attualizziamo il pensiero ai nostri tempi, al posto di Marx possiamo mettere i Neoliberisti, il cui pensiero, arrestatosi anch’esso al momento dell’alienazione, fa sorgere come dominio trascendente il mondo illusorio della “crescita continua”.
Ora, esaminando la consapevolezza del pensiero abbiamo visto una strada malsana: quella che si arresta al momento della “rappresentazione”, in cui il pensiero sociale si aliena da se stesso e viene legato alla materia, alla realtà sociale dei singoli problemi economici, politici e culturali.
Abbiamo pure intravisto la via sana: nella quale il momento dell’alienazione del pensiero è anche la via verso la possibilità della sua liberazione: attraverso la quale si attua l’Essere spirituale della coscienza, il Soggetto della realtà, l’Io concreto dell’essere umano… e non la sua “rappresentazione”, l’Ego.
Soggetto concreto della realtà sociale che altrimenti muore condizionato e coartato nell’astratta oggettività “rappresentata”. Essere umano non più capace di libertà, irretito da un mondo di virtualità irreali (metaverso, realtà aumentata ecc.) che non sono altro che “rappresentazioni” rese matematicamente reali.
Soggetto umano travolto e sommerso, perciò, da algoritmica spazzatura sociale al quadrato e al cubo nella nuova epoca del trash-umanesimo.
Se si è afferrato che nella “rappresentazione” di qualsiasi cosa non c’è un pensiero cosciente di sé, quanto piuttosto un’opinione colorata anche dalle proprie soggettive emozioni e dai propri soggettivi istinti… allora ci divengono comprensibili fatti assurdi che coll’oggettività reale non avrebbero la minima ragion d’essere.
Come verifica d’obbligo possiamo osservare due casi, freschi di stampa, accaduti contemporaneamente negli Stati Uniti d’America. Fatti che questa “Unità”, ancora una volta arrestatasi al momento della “rappresentazione”, negano esplicitamente in modo palese.
Li traggo dall’articolo Guerre culturali di Massimo Gaggi, su La Repubblica di sabato 25 febbraio.
Massimo Gaggi: «Mentre nel Nord democratico si verificano radicalizzazioni al contrario (bambini che si dichiarano transgender e che sono aiutati in questo percorso dagli insegnanti all’insaputa dei genitori), nel Sud e nel Midwest imperversano campagne per sottrarre ai docenti la scelta di cosa insegnare sulla storia degli Stati Uniti, sul razzismo, l’identità di genere, i rapporti sessuali. […] Il caso più estremo è quello di Tallahassee, capitale della Florida, lo Stato governato da Ron De Santis, gran combattente delle cultur war ultraconservatrici: Hope Carrasquilla, preside della Tallahassee Classical School, è stata costretta a dimettersi dalle famiglie infuriate perché ai loro figli di 11-12 anni era stata mostrata, all’insaputa di padri e madri, l’immagine del David di Michelangelo: una delle statue più famose e celebrate al mondo ma, ahimè, un nudo, e per questo addirittura bollata da qualche genitore come pornografica».
La cosa potrebbe sembrare estemporanea, esilarante e non appartenente alla nostra cultura italiana. Ma anche questa è un “rappresentazione” illusoria della realtà sociale, subito smentita dalla consapevolezza storica che ciò che 20-10 anni prima accade negli USA, dopo 20-10 anni appare anche da noi.
Il problema vero è che la stessa “alienazione del pensiero” è presente, inosservata, nelle “rappresentazioni sociali” di ognuno di noi: dunque non solo negli analfabeti sociali, ma anche nelle Élite economiche, politiche e culturali che ci (mal)governano e si (mal)oppongono reciprocamente da decenni.
Le quali Élite, ignorando il senso della provvisorietà dell’alienazione del pensiero la “fissano” anch'esse nella sua temporanea contingenza: facendo nascere così la possibilità che la tecnologia e il processo economico, sia capitalistico che anticapitalistico, asservano quell’uomo… che invece dovrebbero servire.
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