Le regole dello spread tra false anomalie e pericolosi giochi di potere
Non sarebbe opportuno essere i protagonisti della nostra vita e non sudditi del potere europeo?
10/12/2018
di Mario Pinzi
Desidero partire con una buona notizia.
Il nostro giornale ha superato i sei milioni e cinquecento mila accessi, e questo successo deriva dalla libertà di pensiero che, come direttore della testata, ho concesso ha chi scrive su queste pagine.
Che la strategia scelta da questo giornale sia vincente è un dato di fatto, e questo qualcosa vorrà pur dire.
Fatta questa precisazione, tralascio qualsiasi altro argomento e affronto il problema che ci sta più a cuore, lo spread che, vi assicuro, è un vero bluff.
Tutti lo temono, ma nessuno sa cos’è.
Finché continueremo a vivere nell’ignoranza, l’Europa continuerà a utilizzarlo per umiliarci.
Su questo argomento chiunque può dire qualsiasi cosa, e proprio per questo motivo desidero riportare il pensiero non mio, ma di un rispettato luminare come Paolo Becchi, professore ordinario di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova, pubblicato recentemente da Libero.
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"Lo spread è una differenza tra Italia e Germania nel rendimento dei titoli di Stato, ma l’anomalia è più sul lato dei tedeschi che sul nostro. Mettiamola in termini semplici: se in Germania i tassi sono al 3% e in Italia al 6%, oppure se in Germania sono allo 0% e in Italia al 3%, lo “spread” è sempre del 3%, cioè “300 punti”, ma è la stessa cosa? Ovviamente no. Nel primo caso l’Italia paga troppo, nel secondo caso la Germania paga troppo poco. Questo è più o meno quello che succede ora con Di Maio e Salvini. Ma la colpa non è nostra bensì della Germania che paga troppo poco. In Germania oggi chi compra titoli a breve scadenza riceve meno di zero, cioè deve lui pagare lo Stato per averli, e chi vuole titoli a dieci anni riceve al massimo lo 0,3%. L’inflazione in Germania è però più alta che in Italia, al momento è il 2,2%, per cui il “povero” tedesco perde un 2,5% l’anno in termini reali se compra titoli a breve scadenza e un 2% se compra quelli più rischiosi a dieci anni. In Italia chi compra titoli di Stato riceve intorno all’1% (per i Bot e CCT ad esempio tra uno e due anni) e il 3% per i Btp a dieci anni. Questi sono tassi abbastanza bassi, specie se si considera l’inflazione. L’inflazione in Italia è risalita da meno di 1% di un anno fa all’1,7% (ultimo dato) per cui chi compera titoli a breve scadenza a tasso variabile come CCT e Bot non la recupera ancora e chi cerca titoli a dieci anni (che però possono oscillare di prezzo) ottiene un 1,5% circa di rendimento reale. Questi sono rendimenti più normali, non c’è niente di eccessivo, non sono tassi che indicano default. Facciamo un po’ di storia. Prima della crisi finanziaria globale del 2008 non si sapeva cosa fosse lo spread, nel senso che io tassi di interesse in tutta Europa erano uguali. Niente spread! Si trattava di una anomalia indotta dall’euro: una costruzione artificiale che distorce sia i tassi di cambio che i tassi di interesse forzandoli a essere uguali tra economie diverse. Peccato che questa forzatura artificiale ogni tanto esploda di colpo! Nel 2017 quasi tutta l’Europa aveva tassi di interesse sul debito pubblico dal 3% in su, come quelli dell’Italia di oggi che sembrano un gran disastro (e l’inflazione era appena più alta di oggi). Prima della crisi del 2008 era normale anche in Italia pagare tra il 4 e il 5% sui titoli di Stato (e aggiungiamo anche sui mutui per la casa). Oggi un mutuo a tasso fisso a venti anni costa intorno al 2% e un Btp a 10 anni costa sul 3%. Rendimenti bassi, sia rispetto alla storia precedente che a quella che succede nel resto del mondo, dove, ad esempio in America, i tassi sui titoli a dieci anni sono sul 3,3% e i mutui per la casa tra il 4 e 4,5%. Torniamo all’attualità. I giornaloni oggi non si stancano di ripetere che lo “spread a 300” è un problema perché i mutui salgono. Bene, lo spread è schizzato su a 300 punti (perché i Btp sono franati) a giugno scorso. Dopo ha oscillato intorno a 300 per cui sono passati quasi sei mesi e si dovrebbe quindi vedere un rincaro dei mutui in Italia. Peccato che invece restino in media (per un tasso fisso intorno al 2% (massimo 2,2%) che uno dei livelli più bassi della storia. Si dirà che nel resto d’Europa, dove lo spread è rimasto basso, pagano meno di noi. Anche questo non è vero: ad esempio in Spagna con spread a 120 punti solamente, i mutui costano come da noi, tra 1,9 e 2,1%, e in Francia con spread ancora più basso costano tra 1,8 e 1,9%. Persino in Germania i mutui a tasso fisso costano sull’1,7% per cui a dispetto dei 300 punti di spread la differenza tra mutui italiani e tedeschi è di circa 30 punti (cioè 2% da noi e 1,7% da loro)".
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Le sue testimonianze continuavano, ma ho pensato di fermarmi perché quello che ho riportato lo ritengo più che sufficiente per comprendere il mare di balle che ci stanno raccontando.
Se ignoriamo la verità è facile prenderci in giro e spaventarci.
Prendere per buoni i rapporti di Bankitalia che, per colpa dello spread, parla della catastrofe del nostro Paese è una fesseria che umilia l’intelligenza.
Attraverso l’ignoranza la finanza speculativa raggira le masse infilandogli nelle tasche la spazzatura che, per gli errori commessi, si ritrovano in seno.
Questo è il termometro delle fregature promosse da Bruxelles, e purtroppo con questa Europa il turpiloquio diventa d’obbligo.
Cari lettori, cerchiamo di essere i protagonisti della nostra vita e non dimentichiamo che chi fa da sé fa per tre…
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