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Pensare o marciare? Questo… è il problema


20/04/2022

di Andrea di Furia

È molto più difficile pensare che marciare. Sembra che questa affermazione sia stata ben compresa da Emanuel Macron quando ha voluto dare un nome al suo partito, fondato nel 2016, che facilitasse il consenso istintivo dei sostenitori: La République En Marche (La Repubblica In Marcia). Poi, per tutti, En March!

E sia che si marci per la guerra, sia che si marci per la pace sono sempre le motivazioni istintive a guidare scelte “di pancia” che non riescono mai a risolvere i problemi sociali, ma li acuiscono e moltiplicano.

Se all’inizio dell’ultima epidemia mondiale solo pochi se ne sono accorti, ma molti durante questo biennio di oppressione per obiettivi che la salute pubblica ha solo coperto, nell’osservare il conflitto Ucraina -Russia sembra proprio che troppi ci “marcino”.

Pare di capire, seguendo i media, che la posizione dell’equidistanza pensante non sia ammessa. Ed è veramente difficile riuscire a pensare con la propria testa e non marciare al tempo della propaganda di un’informazione martellante… che ha ormai deciso di farci vincere la guerra dalla parte dell’Ucraina.

La parola chiave è vinceremo! Vinceremo cosa? si è chiesto Altan nella sua vignetta su La Repubblica di sabato 16 aprile in cui raffigura una donna sconsolata… con in mano un missile.

Ma chi perderà, davvero? Dobbiamo fare un atto di fede in Big Joe Biden che perderà solo la Russia di Little Vladimir?

Il primo pensiero, mentre si parla di un futuro sempre più lontano circa la cessazione della guerra, è che c’è già una vittima certa sul campo ed è l’idea di Europa unita.

Tramonta, forse ancora per decenni, la possibilità di un’Europa geografica anche “politicamente unita” dal Portogallo agli Urali: quella che si voleva già dal ‘700 ma, allora come ora, con insufficienti forze pensanti. Forze pensanti europee sane contrastate nel secolo scorso dalle marce violente della prima e seconda guerra mondiale.

Forze antieuropee che non hanno mai cessato di agire, condizionando persino i trattati europei: forze che si sono servite e si servono degli USA, appunto. Gli USA dell’attuale Big Joe che ora fa appello singolarmente a tutti i propri alleati (Giappone compreso) e che si sta sbracciando a trasformare in conflitto mondiale un conflitto locale per suoi obiettivi… come sempre dando al nemico di turno la patente di “iniziatore del conflitto”.

Dal punto di vista dell’equidistanza - l’unico moralmente, politicamente ed economicamente sano se si vuole un dialogo di pace e non uno scontro in armi - tutti gli abitanti dell’Europa geografica hanno perso, non solo i Popoli ora belligeranti. Prossimamente ne vedremo, perciò, delle brutte.

Il secondo pensiero, in un mondo dove l’incertezza regna sovrana, è la disarmante certezza dogmatica che c’è un solo colpevole (oggi Putin e la Russia neozarista, opportunamente ieri il nemico del momento): certezza corroborata da resoconti mai controllati da nessuno, dati per certi anch’essi mentre andrebbero sempre verificati... per non essere imbrogliati dai soliti inconfessabili interessi geopolitici ed economici di parte, estranei al conflitto, che poi emergono invariabilmente anni dopo.


Ora, se dal 1800 in poi ci fosse stata una pace totale planetaria potremmo anche essere colpiti dalla novità di un uso bellico-propagandistico così massiccio dei media… ma abbiamo avuto continue prove, numerose all’inizio di questo terzo millennio che la comunicazione sui media di qualsiasi evento bellico è sempre stata strumentalizzata per mettere gli ingenui in marcia. E tutti noi, paternalisticamente, siamo considerati tali.

Perché la strategia comunicativa, dunque, dovrebbe essere diversa oggi? Anche ora è importante acquisire il consenso dell’opinione pubblica (ossia la reazione sentimentale-istintiva e fintamente-razionale, che è normale in ognuno di noi specie se si pensa con la testa degli altri) e allora via con le atrocità escogitate a tavolino: dalle adeguate messe in scena organizzate da war-spin doctor di agenzie di PR specializzate come quella (vedi link soprariportato) della finta infermiera kuwaitiana (in realtà figlia dell'Ambasciatore del Kuwait) che incendiò lo sdegno del Congresso americano con una finta testimonianza preparata a tavolino, preliminare necessario alla dichiarazione della prima virtuosa guerra americana del golfo contro l’IRAQ di Saddam Hussein, fino alle foto satellitari taroccate che "giustificarono" la seconda guerra virtuosa americana del Golfo, sempre contro l’ex alleato IRAQ, anche queste taroccate ad arte per dimostrare la presenza di (inesistenti, nella realtà) armi di distruzione di massa.

E lo stesso copione, studiato a tavolino per condizionare l’opinione pubblica europea a consentire una tafazziana guerra sommamente autolesionistica, sembra ripetersi: dall’uso di foto satellitari a messe in scena e testimonianze toccanti, ma incontrollabili... se non a mesi/anni di distanza da indagatori indipendenti ora completamente ostacolati nelle loro indagini.

E che l’obiettivo del condizionamento di pancia, del marciare senza pensare, sia già ottimamente riuscito non ce lo dimostra solo il ronzio assordante sui social e sui media, per cui se non ti schieri sei un traditore della democrazia, o la demonizzazione di stimati (prima!) giornalisti come Toni Capuozzo solo colpevoli di essersi posti la domanda se non fosse il caso di andare a verificare se le informazioni di parte Ucraina fossero vere o propagandistiche.
Ce lo dimostra soprattutto la rabbiosa reazione di autorità che invece di essere super partes, proprio per il ruolo assunto, sono invece decisamente… in marcia per la guerra senza se e senza ma.

È il caso della vicepresidentessa del Parlamento europeo, Pina Picierno che non riesce a trattenersi dal replicare all’eurodeputato Francesca Donato che, sui fatti del massacro di Bucha in Ucraina, invita a istituire un’inchiesta indipendente invece di utilizzare notizie di parte incontrollate come giustificazione al virtuoso invio delle armi.

Azione che, per una pensante logica super partes, invece di abbreviare allunga per forza di cose i tempi della guerra: l'obiettivo che veramente si vuole perseguire con tutti i mezzi, mentre si addormentano le coscienze con la propaganda H24 e si chiacchiera di volere tregue e pace: naturalmente!

Invito allora a vedere due volte il video in cui l’Eurodeputata Donato si rivolge al Parlamento dell’Unione europea (dal minuto 8,36 al minuto 12,43) e la replica della vicepresidentessa Picierno: la prima per comprendere quanto viene detto, la seconda per osservare il linguaggio del corpo e i volti di entrambe.

Non solo va tenuto conto delle osservazioni fuori dal coro (tutte però lecite dal punto di vista di una testa pensante) espresse pacatamente nel Parlamento europeo da Francesca Donato sugli eventi di Bucha - su dubbi e contraddizioni dell'evento riportato da fonte Ucraina ci si può informare dallo stesso video, dall’inizio fino al minuto 8,35 – ma specialmente osservando l’accalorarsi progressivo della vice-presidente Pina Picierno che - nella foga di esprimere il proprio sdegno “di pancia-pensante”, rispetto al tema dell’“equidistanza” - termina addirittura… con la bava alla bocca.

Fatto che ci riconferma la frase iniziale anche in questo suo rovesciamento all’Europarlamento: è molto più facile marciare che pensare.

(riproduzione riservata)